L’ANALISI DELLA SENTENZA N.132 DELLA CORTE COSTITUZIONALE
Data:
16 Settembre 2024
Il nuovo incontro della Conversazioni di contabilità pubblica presso l’Associazione Magistrati della Corte dei conti con il prof. Cintioli e il presidente Tenore
Quali sono gli scenari che si aprono con la sentenza n. 132 del 2024 della Corte Costituzionale? Se ne è discusso l’11 settembre scorso nell’aula Bonadonna della Corte dei conti in un incontro molto partecipato del ciclo delle “Conversazioni di contabilità pubblica”, promosso dall’Associazione magistrati della Corte dei conti (AMCC). Il seminario introdotto dalla Presidente dell’AMCC, Paola Briguori, ha visto come relatori Fabio Cintioli, Professore ordinario di Diritto amministrativo presso la UNINT di Roma e avvocato del libero Foro e Vito Tenore, Presidente di Sezione della Corte dei conti e Docente SNA.
I due relatori, il prof. Fabio Cintioli ed il pres. Vito Tenore, già autori di interessanti note di commento leggibili on line (https://www.federalismi.it/nv14/articolo-documento.cfm?Artid=51056 e in https://www.corteconti.it/HOME/StampaMedia/Notizie/DettaglioNotizia?Id=933cd3dd-e8e7-4e2a-ac2b-c59987e65252), hanno sviluppato con competenza e ricchezza di argomenti sistematici ed esemplificazioni concrete le proprie tesi.
Il prof Cintioli ha difeso la correttezza degli argomenti sviluppati dalla Consulta quali espressivi della tutela del dipendente in un contesto normativo e sociale mutato.
“Il punto è che si è consumato nel nostro ordinamento, inteso come diritto positivo, inteso come diritto vivente, quello che io ho definito, per la verità un bel pò prima di questa sentenza, l’attacco alla discrezionalità amministrativa o la crisi della discrezionalità amministrativa”, ha detto il prof. Fabio Cintioli che poi ha aggiunto: “La discrezionalità amministrativa è assillo della cultura giuridica, dicono i grandi studiosi, i grandi maestri. Ma è, insomma, una formidabile invenzione. Perché il modo di dire “questo è il merito” cioè l’area di valutazione di opportunità e convenienza chiamiamolo anche discrezionalità, mettiamoci dei paletti per l’esercizio di discrezionalità e consentiamo quindi attraverso l’eccesso di potere un sindacato sui paletti e la discrezionalità che è il modo in cui il sindacato del giudice contabile come amministrativo va ad incidere sul merito amministrativo. Che vuol dire attacco alla discrezionalità amministrativa nella mia opinione. Vuol dire che abbiamo vissuto e stiamo ancora vivendo una stagione nella quale sono accadute tre cose, tre fenomeni diversi che però sono ovviamente strettamente concatenati. Il primo è l’idea che la discrezionalità non sia un bene ma sia un male, cioè che la discrezionalità debba essere limitata, che compito dell’ordinamento sia limitare la responsabilità. Basta citare su tutte le politiche sulla anticorruzione amministrativa che per molti aspetti, a mio parere, non hanno colto nel segno. Questa idea che dal reato di corruzione, un reato grave, da punire, si potesse arrivare a costruire un concetto di mala Administration in cui la corruzione diventa qualsiasi malcostume amministrativo. Non bisogna mai confondere l’etica e il diritto. Un conto è l’etica e un conto è il diritto. E invece le abbiamo mescolate con questa cultura dell’anticorruzione amministrativa. Addirittura arrivando al punto di costruire nel 2016 un codice dei contratti pubblici come strumento che serve a combattere la corruzione. Ma la corruzione la si combatte altrove, non con il codice dei contratti pubblici. Il secondo fenomeno è la grande messe di norme, la moltitudine normativa che ha trasformato in parte il diritto amministrativo, la codificazione del diritto amministrativo che è stata fatta in nome di varie esigenze, tutte apparentemente sacrosante. Tutta questa serie di norme peraltro molto spesso norme che si affidano a concetti indeterminati per varie ragioni. Insomma di fronte a questa moltitudine di norme, davanti alla difficoltà di trovare la norma giusta corretta da applicare per risolvere il caso si è nei fatti creata una sorta di nuova discrezionalità che però tale non viene riconosciuta cioè la discrezionalità – io ho definito – dell’interprete incerto e confuso.
Terzo punto il rapporto tra merito e legittimità amministrativa. Sappiamo tutti che il ruolo dell’amministrazione si snoda attraverso questo binomio, nel solco di questo binomio. E cosa è accaduto in questi anni? Quello spazio di merito, di valutazione di opportunità, e di convenienza amministrativa è stato via via sempre più eroso a vantaggio della legittimità, perché aumentavano le norme, perché c’era la fame di norme di cui parla la Corte costituzionale. L’Amministrazione è politica, è cura dell’interesse pubblico. Credo che la Corte, sostanzialmente, ci dice questo”, ha concluso il professor Cintioli.
Il presidente Tenore ha, invece, analiticamente confutato tutti gli argomenti utilizzati dalla Corte costituzionale volti a ritenere ragionevole l’art.21, d.l. n.76 del 2020, rimarcando la loro infondatezza logica e normativa e criticando anche l’avallo dato dalla Consulta, forse inopportunamente ex ante (ovvero prima della loro discussione e adozione parlamentare), a testi normativi in itinere (disegno di legge Foti).
“La paura della firma, anche in questa sentenza, la si dà come un dogma. È un dogma suscettibile di smentita come ho già scritto. La Corte costituzionale ha detto due cose: che lo scudo erariale previsto dall’articolo 21 è costituzionalmente legittimo perché è a tempo, e poi ha dato un pungolo al legislatore a fare una riforma che guarda caso coincide per quattro quinti con il disegno Foti”, ha affermato il presidente Vito Tenore che continua “Secondo me il retropensiero inespresso, inesprimibile forse in una sentenza, ma anche da parte di un politico, è che forse la Corte dei conti dà fastidio, come tutti quelli che cercano in questo Paese di far osservare delle regole elementari di civiltà giuridica. Quindi abbiamo diversi indici sintomatici di questo disagio da parte di qualcuno nei confronti di chi, organo di rilevanza costituzionale, si fa garante del bilancio dello Stato, delle nostre tasse che abbiano una destinazione pubblicistica, o i colleghi del penale che cercano anche con il tanto bistrattato abuso d’ufficio di drenare alcune manifestazioni di malcostume. Avete notato che in questa sentenza della Consulta si parla di paura della firma, burocrazia difensiva… Il ragionamento è incentrato su una paura del dirigente. La mia personale idea è che queste norme, queste riforme siano invece state ispirate e cucite addosso degli amministratori, soprattutto degli enti locali… perché i dirigenti con cui io parlo, come emerge anche da un incontro che abbiamo avuto alla SNA dove c’è una commissione presieduta dal professor Battini che farà un nuovo studio sulla asserita paura della firma, sono venuti a chiarire che non hanno affatto paura della firma. L’unico studio edito sulla asserita paura della firma è del 2017 realizzato da FORUM PA. Non del 2007, del 1997 ma proprio 2017. Sono stati sentiti 1.700 dirigenti centrali e locali over 45, quindi con una sufficiente esperienza di vita vissuta…nella gerarchia delle paure quella della Corte dei conti è all’ultimo posto;l primo posto c’è la mancanza di un nocchiero che indichi la retta via ai dirigenti, poi la confusione normativa e il cattivo riparto delle competenze all’interno degli enti. Scendendo nella gerarchia all’ultimo posto c’è la Corte dei conti”.
“La sentenza ha sollevato problemi che riguardano l’intero universo giuridico, quindi non solo la Corte dei conti. Sono passati 30 anni dalle riforme del 1990 e mi domando se la risposta che in questo momento è stata data con lo scudo e poi con una riforma, che io mi auguro non sia definitiva ( possiamo ancora rivedere il testo), sia nell’interesse di tutto il Paese”, ha detto Paola Briguori, Presidente dell’Associazione Magistrati della Corte dei conti, nel corso del dibattito.
Rivedi la “Conversazione” sulla sentenza n.132
Ultimo aggiornamento
16 Settembre 2024, 23:02